Affrontare un lutto – dal latino luctus, pianto – è una delle tappe più impegnative del percorso di vita di una persona e non sempre se ne esce in tempi brevi. Il lutto è tutto ciò che accompagna un’esperienza di perdita, cioè le reazioni, le emozioni e i pensieri; esso è anche una presa di contatto diretta con l’idea dell’effimerità della vita.
Spesso ci si porta dentro la sofferenza per molti anni, come chiusa in un cassetto; in altri casi, il dolore viene inconsciamente rimosso salvo poi uscire sotto forma di altro disagio.
La cosiddetta “elaborazione del lutto”, dunque, non è per tutti così facile, scontata o immediata. Occorre assimilare l’esperienza emotiva di questa sorta di mutilazione, occorre ripercorrere ciò che la persona ha lasciato, occorre passare dall’assenza ad una PRESENZA NELL’ASSENZA.
Ricordo le parole di una mia paziente:
non lo so cosa provo, non sento nulla…come se non me ne rendessi conto. Forse la mia mente si immagina che mio marito sia in viaggio e non possa tornare al momento; non ho ancora pensato di togliere le sue cose da casa, non credo lo farò […] dentro sento come un senso di smarrimento, stranezza…non saprei dirle più di questo. So di non avere la necessità di riprendere la vita normale…
Durante l’emergenza Covid-19 stiamo assistendo ad una particolarità del lutto: la non possibilità di sfruttare la plasticità del dolore, che solitamente è nelle mani del campo sociale. Infatti, è proprio il RITO FUNEBRE ciò che permette di diluire temporalmente il processo di presa di coscienza della morte del proprio caro, come se avere più tempo a disposizione permettesse al dolore di essere inconsciamente più morbido.
Inoltre, la PARTECIPAZIONE COLLETTIVA permette di rassicurarsi sull’inarrestabile flusso della vita che continua, ci ricorda l’eredità affettiva che va oltre la morte.
A questo spesso si accompagnano una serie di altri fattori che vanno a rendere complesso il percorso di elaborazione del lutto:
- Senso di colpa scatenato dall’essere stato veicolo di contagio
- Possibilità di perdite multiple
- Isolamento sociale per i superstiti
- Rapidità dell’aggravamento del quadro clinico e successivo decesso
In questi termini si tratta di UN LUTTO A META’ che necessita di un delicatissimo e ancor più doloroso processo di rielaborazione.
COME POSSO AFFRONTARE QUESTO PARTICOLARE MOMENTO?
Ritengo che in questo momento di pandemia la priorità per chi si trova ad affrontare un lutto sia quella di recuperare in maniera individuale o, se possibile, familiare, una ritualità perduta. In quale modo? La NARRAZIONE. Narrare ciò che è stato, ciò che si prova, aneddoti, ricordi, portare alla luce immagini, scrivere. Cercare di portare fuori qualcosa che è dentro di noi come passo iniziale per poter affrontare e successivamente “accettare”.
È fondamentale concedersi il dolore, senza negarlo. Dunque anche piangere.
Verrà poi un momento in cui servirà adattarsi alla nuova condizione di vita, ripensare e ricalibrare la quotidianità o eventuali progetti futuri senza la persona cara. Trovare un nuovo equilibrio.
QUANDO È NECESSARIO UN AIUTO TERAPEUTICO?
Talvolta la fase depressiva si prolunga nel tempo e la persona non è in grado da sola di passare all’accoglienza della perdita, una perdita percepita come distruttiva anche della propria identità e da qui l’impossibilità di integrarla e tornare alla vita di sempre.
In questo caso si parla di lutto patologico che nel tempo può scatenare anche vari comportamenti sintomatici come somatizzazioni (disturbi psicosomatici), eccessive preoccupazioni per la propria salute o al contrario l’adozione di comportamenti a rischio, il ricorso all’alcol o sostanze stupefacenti.
Un percorso terapeutico accompagna la persona a ripercorrere le fasi dell’elaborazione del lutto tenendo conto della soggettività e delle tempistiche personali e arrivando a ricreare insieme un equilibrio necessario per affrontare la quotidianità ed il futuro.
Lo psicologo aiuterà il paziente ad attivare le risorse disponibili e a gestire la parte emotiva in maniera funzionale.
“Anche se me ne vado
e lascio la casa sguarnita,
tu, susino mio
nel cortile, saprai da te quand’è primavera.”(Minamoto Sanemoto)
Dott.ssa Manola Gotti